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50 | DEGLI ANNALI |
racceso l’amor del popolo verso lui; andasse sicuro che e’ si vedrebbe adorare. Preganlo a mettersi in via, e trovano più prontezza che non avean promesso. Vennero le tribù; il senato in veste allegre; schiere di donne e fanciulli ordinate secondo l’età e sesso: fatti gradi, per vederlo passare, cóme a’trionfi. Quindi insuperbito e della pubblica servitù trionfante, andò in Campidoglio a ringraziare; e si tuffò in tutte le libidini, rattenute pur un poco da qualche rispetto a quella madre.
XIV. Avea umore antico di correre in su le carrette, e non men bruttamente, cenando, cantare sulla cetera a uso di giocolare. Diceva essere ciò usato da’ Re antichi e duci: lodato da’ poeti, e onoratone gl’Iddii; la musica consagrata ad Apollo; e questo gran Dio e Oracolo, non pure nelle greche città, ma nei tempj di Roma vedersi ceteratore. Parve a Burro e Seneca, non potendo medicarlo delle due pazzie, lasciargliene una. Fecesi in Vaticano un chiuso, dove egli facesse correre i cavalli ritirato; poscia vi fu chiamato il popol romano, che lo alzava al cielo; essendo dei piaceri vago, e pazzo se il principe ve l’invita: e dove pensarono con quella indegnità, a pien popolo, farneli uscir l’appetito, l’aguzzarono; e parendogli nettar sè, imbrattando altrui, indusse molti nobili scaduti a far lo strione a prezzo. Son morti, e non li nomino per non disonorar le famiglie; perchè l’onta fa sua pure, che doveva più tosto pagarli acciò non facesser bruttura, perchè indusse ancora de’ primi cavalieri romani a combattere nell’anfiteatro con gran donativi. Ma questi importano necessità d’ubbidire quando vengono da chi può comandare.