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LIBRO DECIMOQUARTO 49

adunque i pezzi, non di Nerone, già spacciato per mostro infame, ma di Seneca, che scrivesse in quella lettera la confessione del peccato.

XII. Con tutto ciò que’ principali con gare stupende ordinavano adorazione a tutti gli altari; e che ogn’anno si festeggiassero i Cinque di, quando fu scoperto il tradimento; ponessesi in senato una statua d’oro a Minerva, accantole una del principe: rìponessesi il dì che giacque Agrippina, tra gl’infelici. A questa adulazione, Trasea Peto, che all’altre aveva taciuto o passatole con poche parole, s’usci di senato; rovinò sè, e non fu agli altri principio di libertà. Apparsero ancora molti segni senza effetti: una donna partorì una serpe; un’altra sotto ’l marito mori di saetta; il Sole scurò a un tratto; in tutt’e quattordici regioni di Roma caddero saette. Cose avvenute tanto senza cura degli Iddii, che Nerone continuò le sceleratezze e l’imperio molti anni, Per far più odiosa la madre, e parer, levata lei, più benigno, fece tornare alla patria Giunia e Calpurnia gran donne, e Valerio Capitone, e Licinio Gabolo, stati in governi, scacciati da lei: e ritrovar le ceneri di Lollia Paulina, e farle sepolcro. Ad Iturio e Calvisio, dinanzi da lui confinati, fe’ grazia. Silana tornando di lontano ponfino, si era morta a Taranto consolata, vedendo già cadere o placarsi Agrippina, la cui nimicizia fu la rovina sua.

XIII. Trattenendosi per le castella di Terra di Liavoro confuso di come s’entrare in Roma; se dolesse richieder l’incontro del senato o l’applauso della plebe: i più sciagurati, dei quali quella corte n’era la più fornita del mondo, dicevano, che il nome di Agrippina era odiato, e per la morte di lei