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LIBRO DECIMOQUARTO | 47 |
minacciati e scacciati da gente armata. Aniceto accerchia di soldati la villa, e spezzata la porta, piglia quanti servi riscontra. Giunto alla camera, i servi s’eran quasi tutti fuggiti per lo fracasso; dentro era un lumicino e una servente, e Agrippina sempre più sbigottita non vedendo Agerino, nè altri tornare dal figliuolo, la ripa spazzata, non gremita come prima, strepiti repentini e segni d’ultimo male. Andandosene la servente, „Anche tu, disse, m’abbandoni?„ Vide Aniceto in mezzo a Erculeo Capitano di galee, e Oloarito Centurione dell’armata, e disse: „Se vieni a vedermi, digli ch’io mi son riavuta; se ad uccidermi, non credo che il mio figliuolo il ti abbia commesso.„ Accostatisi al letto, Erculeo prima le die d’un bastone in su’l capo, perocchè al Centurione, che impugnava la spada, avea porto il ventre, gridando: „Qui ferisci;„ e di molte ferite mori.
IX. Queste cose scrivono tutti; che Nerone la vedesse morta, e sua bellezza lodasse, chi sì, chi no. Fu arsa la stessa notte in letto da mensa con povere esequie, senza sepolcro, mentre Nerone visse: poi le ne fecero i suoi di casa un piccolo, lungo la via di Miseno, e la villa di Cesare Dettatore, altissima, che guarda i golfi. Mnestero liberto le accese il rogo, e si passò fuor fuore; se per amor della padrona o per paura di sè, non è certo. Agrippina aveva molti anni prima inteso, ma non atteso, questo suo fine: domandò i Caldei della ventura di Nerone, e dissero ch’ei sarebbe Imperadore, e ammazzerebbe sua madre. „Ammazzila, disse, purchè ei sia.„
X. Ma Cesare al fine conobbe la grande scellera-