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con Senatori e altri ; dopo cui , vivacità e allegria ; e tal era sua vita.
XLIX. Pari e maggior anco mettea cura ai figli, per amore dello Stato e onor della casa. E ben davagli da pensar Domiziano, ferocissimo di natura e precipitoso in tutte voglie, che suo grado ispirava; cui in privato con riprensioni, in pubblico con onori, cercava correggere. Tito, delizia del padre, speme e sostegno dell’ Impero, eragli pure una spina ’ al cuore ; non che ne sospirasse ( niente in quell’ alma generosa allignando tal vizio ), ma per la memoria de’ recenti guai della repubblica , e pel cupo mormorio che di Tito la fede era equivoca ; che avea il favor delle legioni; per esplorar l’animi, non per religione, aver ei nel concorso di tutto Egitto alla funzion d’Api, bramoso com’era del trono, usato il regio diadema. Tito, pesandoli che sì di lui a gran torto pensasse Roma, vi tornò di volo. Invan pregaronlo a restar con loro, o a torlc seco, le legioni, che sotto lui presa avean Gerosolima, ei mandò la quinta in Mesia, la quintadecima in Pannonia. Sol in Argo sostò, a veder Apollonio, per sapienza famoso, e a formarsi co’ suoi precetti a virtù degne d’un figlio di Principe. Apollonio persuaso, non con passeggieri detti, ma a gran prova d’esempi e massime, formarsi i Principi, a sue dimande rispose: » Vinti in guerra i nemici, il padre vinci in virtù : attienti a Demetrio filosofo ». Con tal seme all’anima, di virtù fecondo, affrettò il passo, e al padre ch’escigli incontro , si presentò inaspettato : e salutandolo, alludendo alle ciarle. » Son qui, son qui padre,» disse; e corser ambi ad abbracciarsi, l’un più dell’ altro lieto per la provata fede.