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repubblica, di rinascente libertà augurio, assolvendo quanti restavan de’ rei di maestà per sevizia di Nerone e oppression dei successori; rendendo anco ai morti la fama; giusto in là pur della vita. Di tanta luce, olire le vittorie, adorno, toccò Brindisi; ove da Muciano, e da’primi baroni, tra’pubblici plausi è accolto. Passato a Benevento, trova Domiziano ; che fingendo il bergolo e ’l soro, scusa i vizj di dissolutezza , assente il padre. Del male al pari, che del rimedio, questi sollecito, la domestica rancura tenne, per buon riguardo a sè, a non mostrare di preferir al pubblico il privato ; e lieto, tra ’I concorso dei popoli ch’ escian d’ ovunque a vedere ed inchinare, il nuovo sì sospirato Principe, va a Roma. Giuntovi, cominciò dal cielo, del Campidoglio l’edifizj visitando ’, e per accalorir l’opere, entrò in lavoro ei stesso, sul dosso recandosi i rottami; tutti a gara, giusta la propria dignità e grado, i più distinti, il sovrano esempio emulando.

XLVI. L’ amore stesso per Tito in Egitto. Scorso l’ Oriente sino a Zeuma, e presa da Vologese la corona d’oro, era ei tornato a Gerosolima, ove compiantane la rovina, passò a Menfi. Popolo dato. a religione, cattivarsi suole per via di questa i principi. Come dunque co’ prodigj esaltato avea Vespasiano Alessandria, colla consecrazion d’Api ( ch’è quivi quanto v’ è di più sacro ) esaltar volle Menfi Tito. Dunque, al prisco rito, come i dì visse Api dalle leggi prescritti, fu nel sacro fonte tuffato. Un altro, che avea delle macchie i divini distintivi, con pubblico lutto, cerco e trovato, fu a gran pompa condotto a Menfi. Ivi, tutto in punto, attenta allo spettacolo la nazione, lunga pricission di sacerdoti aprì la consecrazione. Presedò Tito coronato di dia