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cimiteri pe’ cadaveri de’ morti da fame. Le pene all’ ostinazion dovute scansarono di Izate Re i figli e’ fratelli, e la nobiltà, che la pietà di Tito avea di concerto implorata. Furono poi in piedi i bastioni contro la città superiore detta Sion, dall’ altezza del sito e da fortissime torri difesa: ma, come fosse destino per Gerosolima perir anzi d’interne discordie che di man nemica, nè pur nell’ultimo frangente regnò concordia, per contesa tra Idumei e Giudei. Da innata clemenza e per l’ usata arte de’ Generali, la zizzania Tito addoppiò , gl’ Idumei ricevendo a speme di resa.
XLI. In tal bollor d’odio tra’ Giudei, rinovossi l’ assedio. Lor Duci di senno vanilasciate indifese le torri, unico, inespugnabil riparo: la parte più, forte della città fu presa senza stilla di roman sangue. Tanto suo brobbrio el e vecchie colpe, con universal clade espi ossi ; le case da mutui furori pria sozzate, di nuove stragi profanansi : seguì poi fiamma , che l’esecrandi tetti divorò, al notturno buio fatta più sensibile. Il dì due settembre fu l’ ultimo dell’incendio di Gerosolima, che così perì; e che dopo aver con somma gloria fiorito duemila censettantasette anni in Oriente, or di sè stessa è tomba.
XLII. Nella rovinata città entrato, e le gran torri inespugnabili ammirando Tito, confessò, sè esser dell’ esercito il Duce, ma Iddio autor della vittoria. Ordinò cessassero dal macello i soldati, che n’erano stanchi ; se pur non era chi resistesse : si cercassero pe’ nascondigli i Duci ; i giovani di bell’ aspetto c personale si serbassero al trionfo: i più in età si mandassero in Egitto a’ metalli. Scelsersi pur molti per le fiere in teatro. I minori d’anni diciassette