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sava d’assediare il di dopo il tempio con tutto l’ardor de’ suoi : ma più grave di Dio ira i Giudei premeva ; che , al lor supplizio correndo, i Romani assalgono , occupati a spegner il foco del tempio esteriore. A tal pervicacia sdegnato il Romano, quel confuso stormo battè sì, che fugatolo, sino al tempio l’incalzò; ove un Romano di suo avviso, anzi d’ un tal superiore impulso , tolto un tizzo, levato su da un altro, per la finestra aurea , che da bora dava nelle stanze attorno al tempio, lo gitta. Allo scoppiar le fiamme , levaron urli i Giudei più che da vicini a perire. Tosto avvisatone Tito , che riposava , salta del padiglione, accorre a frenar l’ incendio; i Duci van seco : è lì tutto l’ esercito dal campo : schiamazzi e grida assordan l’ aria. Tito a vocp e a mano accenna si ripari l’incendio ; ma chi vede o ode? Vincitori e vinti, pari impeto guida: quelli di sfogar ardono l’antica ira contro l’odiata gente, accesi anco a vedere il tant’ oro, onde il tempio riluce , e persuasi che maggior ve n’ è dentro ; i vinti non più per vita e roba, ma pel tempio, per Dio , alteramente sfidan morte : più che all’ estremità ridotti, più da speme animati di celeste braccio. Dunque cadaveri a monti di Giudei e Romani : sangue a fiumi nell’atrio del tempio: strage e poi strage circa l’altare e gli scaglioni.
XXXIX. Dilatan le fiamme intanto i Romani ., pur non anco il tempio ardea. Desioso di vederlo Tito, a stento si fa largo tra’combattenti, e passatili coi Duci, entra, va nel penetrale , spia tutto : e ’l trova maggior della fama ; sperando ancora che salvar si possa il tempio, calmata con mutue offese l’ira; ma un soldato che ’l seguì , avea soppiatto dato foco ai