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partito. Si costruiron dunque i terrapieni, e fu approcciato al tempio. Credendo Tito occuparlo di sorpresa, manda Sesto Cereale ad invaderlo a notte con iscelta truppa. Andaro alle sei della sera; ma erano all'erta i Giudei, nè dati a sonno, come speravasi. Si pugnò alla gagliarda, con minor perdita pei Romani , che sperti a guerra intendeansi tra loro al motto; e attestatisi insieme cogli scudi ben serrati, non eran sì sposti a colpi. Ma i Giudei, mossi da impeto, nè distinguendosi al buio, più sè stessi che 'l nemico stmggeano: pure eran molti: nè finì notte l'attacco. A giorno crebbe col periglio l' ardore: nè si cessò pria delle cinque della mattina, e con dubbio esito. Tito all' ora la costruzion de' terrapieni tolse a petto, per finirla col tempio. Viva fu da prima la resistenza ne' Giudei, che sboccarono all' Oliveto; ma li respinsero e ruppero i Romani, nè'l vano sforzo fe'che crescer ira.
XXXIV.. Di dì in dì peggiorava la città: incrudelia la fame: e s'udì di bamboli uccisi, e che madre (orrido caso e nuovo ) mangiò il suo ; inutil delitto, che per tal empietà serbandosi in vita, ivasi contro" a rio contagio, socio di fame. Peggior di quello il fatale stremo: pressati da fame, o timor d'essa, penetran molti le case in busca se vi s'asconda cibo, e F empion d'assassinj e sangue. Vinto a tanti mali il popolo, al fin chiedea pace, se dal salutar consiglio noi distoglieano i Duci, da lor rea coscienza furenti: e tanti fanatici profeti, che spacciavano, nel maggior periglio, più pronta e patente, doversi vedere da Dio aita. Ma tra timor e speme, eran dagli anzidetti diri presagi turbati gli animi, e da atroci di eccidio minacce. Poichè un tal Gesù, uom plebeo,