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LIBRO DECIMOQUARTO 43

lagrime e arte concubinesca, piacevano a tutti per abbassarla, non credendo però che il figliuolo la dovesse ammazzare per quantunque odio.

II. Cluvio narra, che l’ardore del mantener sua grandezza stigò Agrippina sino a presentarsi più volte a Nerone ubbriaco di mezzo dì, quando egli nel vino e vivande si riscaldava, lisciata e pronta all’incesto; e già dalle carezze e lascivi baci, notati da’ circostanti, venivano all’atto, se Seneca non riparava, con mandatali Atte liberta, che per lo pericolo suo e per l’onor di Nerone gli dicesse, che sua madre si gloriava d’averlo goduto, nè soffrerieno i soldati sì profano Imperadore. Fabio Rustico dice che Nerone, e non Agrippina, tal voglia ebbe, e che Atte lo distolse con astuzia. Ma gli altri scrivono come Cluvio e credesi più tal bestialità venuta da lei, che giovanetta, per la speranza del dominare, si era giaciuta con Lepido, poi, insino a Pallante sottomessasi; e, moglie del zio, fatto callo ad ogni obbrobrio.

III. Nerone adunque fuggiva il trovarsi con lei a ristretto; lòdavala del ricrearsi ne’ giardini e ville di Anzio e Tusculano: finalmente non la potendo in nessun luogo patire, risolvè d’ammazzarla; dubitò solamente, se con veleno o ferro o altra forza. Piaquegli prima il veleno; ma a tavola sua non si poteva coprire, essendo stato così ucciso Britannico; fargliele dare si potea male, perchè ella, a’ tradimenti usata, s’avea cura, e pigliava contravveleni; uccisa con ferro, non si poteva nascondere; e temeva di non trovare esecutore di si gran fatto. Trovò il modo Aniceto liberto, capo dell’armata di Miseno, maestro già di Nerone fanciullo, e sarebbonsi egli e Agrippina manicati col sale. Mostrò, ch’e’ si poteva conge-