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darono al consiglio degli Agrippinesi, ambasciadori ^ di cui lo più feroce cosi cominciò : » ringraziati sieno i nostri e vostri Iddii e Marte lo sovrano; e prode faccia a voi che rientraii nel corpo e nome germano, sarete alla fin pure liberi tra noi liberi. Avvegnachè i Romani ci abbiano i nsi no a oggi chiusi i fiumi, la terra e quasi l'aria; perchè noi non ci possiamo ragunare e parlare se non se disarmati e come ignudi (villana cosa ad uomini nati all'arme), e con guardie e costo. Ora affine che l’ amicizia e leganza nostra sieno eterne, vi preghiamo a smantellare questa Colonia di mura, che son fortezze per mantenere schiavi. Anco le fiere tenute in gabbia perdono lor fierezza. Tagliate a pezzi quanti Romani sono in su 'l vostro. Libertà e signoria non s'incorporano insieme* I beni delli uccisi vadano in comune, acciò niuno ne nasconda, nè separi la causa. Sia l' una riva e l'altra nostra e vostra, come al tempo antico. Natura ha dato la luce a tutti gli uomini; così tutti li terreni a'più valorosi. Ripigliate gli ordini e'ivivere de'maggiori: levate via le gravezze, con le quali i Romani più che con l'armi struggono i soggetti. Così netti, intieri, e non ischiavi, vivcrete eguali agli altri, o gli signoreggerete

LXV. Gli Agrippinesi, preso tempo a risolvere, non potendo accettar le condizioni per paura dell' avvenire, nè comportando il presente tempo far* sene beffe, apertamente risposero in questa maniera: » Per unirci con voi, e con li altri Germani del sangue nostro, noi alla prima occasione del farci liberi corremmo più volonterosi clic cauti. Mettendo insieme i Romani più eserciti che mai, ci è più sicuro crescere le nostre mura che rovinarle. Se d' I