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LIBRO DECIMOTERZO | 39 |
occupa. Voltossi al sole e alle stelle, quasi presenti, domandando, se volean vedere quel terreno perduto? sgorgasservi sopra anzi il mare in onta di coloro che gli uomini privavano della terra„.
LVI. Avito se ne alterò, e disse agli Ànsibarj in pubblico: „Doversi a’ maggiori ubbidire; esser piaciuto agl’Iddii da loro invocati, che a’ Romani stia il dare e’l torre, senza renderne conto a Boiocalo; che darebbe a lui terreni per li suoi meriti propri;„ il che egli, quasi premio di tradigione, ricusò dicendo: „Terreni posson mancarsi dove vivere; dove morire mancar non può.„ E così partironsi a rotta, e chiamarono i Brutteri e Tenteri in aiuto e nazioni lontane collegate. Avito scrisse a Curtilio Mancia, capitano dell’esercito di sopra, che passasse il Reno, e mostrasse loro Farmi di dietro; egli condusse le legioni nel paese de’ Tenteri, minacciando spiantarlo se pigliavano le brighe d’altri. Lasciaronle questi, e per la medesima paura i Brutteri e gli altri. Gli Ànsibarj soli rimasi, la danno addietro negli Uspii e Tubanti; ne son cacciati; ne vanno ai Catti, poi ai Cherusci; e dopo lungo aggirarsi, senza ricetto, strutti in paese nimico, n’andarono i giovani a pezzi, il resto in preda.
LVII. In quella state gli Ermunduri co’ Catti, volendo ambi per forza il dominio del fiume, che gli divide e molto sale genera, vennero a gran battaglia, sì per voglia di fare ogni cosa con Farmi, sì per ubbìa che quel sito sia il più presso al cielo, e onde prima gl’Iddìi odano i preghi umani; „perciò abbiano quel fiume, que’ boschi, privilegiati di sale: non fatto come all’altre genti d’acqua marina allagata e rasciutta, ma di esso fiume versata sopra ca-