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n'uscì. Pazìo Affricano ancora ne fu cacciato, per aver a Nerone additati li due Scriboniani fratelli, di singolare unione e ricchezze , per farli morire. Il che Affricano non ardiva confessare, e non poteva negare • ma voltatosi a Vibio Crispo, che lo serrava con le domande, accomunando seco le colpe che non poteva difendere, mitigò l' odio.

XLII. Nome di grande eloquenza e pietà quel giorno acquistò Vipsanio Messalla , che d' età da essere senatore ardì aringar per Aquilio Regolo fratel suo , odiatissimo per aver distrutto le famiglie de' Grassi e d' Orfito ; e pareva che egli molto giovane , non per fuggir pericolo . ma aspirando a grandezza , avesse volontariamente quel!' accusa abbracciato. E se 'l Senato accettava la causa , eran pronti alla vendetta Sulpizia Pretestata, moglie di Crasso, con quattro figliuoli. Messalla adunque senza entrar ne' meriti, faceva di sè scudo al fratello : e piegavansi alcuni. quando Curzio Montano si voltò a Regolo com' un aspido ; e venne fino a rinfacciargli di aver dato danari dopo la morte di Galba a chi uccise Pisone , e dato di morso nel teschio suo : « A queste crudeltà, » disse , » non li sforzò mica Nerone , nè ricovrasti per queste tuo onore o salute. Sia lecito, anzi che correre tantino di rischio , sprofondar il compagno ; tu non ne correvi veruno , perchè tuo padre era bandito ; i beni dati a' creditori: non eri ancora abile agli onori ; Nerone da te nulla poteva volere, nulla temere; assetato del sangue e ingordo di premj , facesti conoscer l' ingegno tuo , non impiegato mai in difesa d' alcuno ; quando facesti uccidere quel chiaro uomo , quando usurpasti di quell' esequie nella repubblica le spoglie consolari