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vilissime. Ne' Germani era imprudenza ; i Romani come pratichi , avventavano bastoni col ferro, gran sassi non al vento. Dove sentivano batter le mura , o appoggiare scale, facevano i nemici con le targate cadere, e seguitavanli con lanciotti : molti saliti in su le mura ferivano con pugnali. Così consumata la notte, a giorno apparì nuova foggia di combattere.
XXX. Avevano i Datavi rizzato una torre a due solai, la quale accostata alla porta pretoria, luogo pianissimo, fu co' tavoloni e trav i battuta , fracassata, con mortalità di chi v'era sopra; e usciti fuora co' nemici sbattuti, subita e prospera scaramuccia, e da' legionarj di più sottigliezza e arte, si ordinavano altri ingegni. Spaventoso fu uno strumento sospeso in bilico, che di repente abbassato tirava su, a loro occhi veggenti, uno o più dei nemici, e sca{jliavali, rivoltato il peso, nel campo. Civile perduta la speranza d' averle per forza , vi si stava ozioso tentando con ambasciate e promesse le legioni nella fede.
XXXI. Queste cose seguirono in Germania innanzi alla giornata di Cremona, saputasi per lettere d'Antonio Primo e bando di Cecina, e per l'appunto di bocca Alpino Montano uno de' Prefetti vinti. Quindi nacquero diversità d' animi. Gli aiuti di Gallia, che non aveano nè amore, nè odio alla parte, subitamente di consigli de'Capi si ribellano da Vitellio; i soldati vecchi nicchiano ; pure , mossi da Ordeonio Flacco , e stimolati da' Tribuni, gli fecero omaggio ; ma con mal viso e animo e con l" altre parole del giuramento spiccate, ma a stento o tra i denti, 0 lasciato quel nome di Vespasiano.
XXXII. Furon lette in parlamento le lettere dAn