Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LIBRO DECIMOTERZO | 37 |
feso allora, come fu, perchè era senza reda e vecchio; ma quei che sopra vi disegnavano moriron prima di lui.
LIII. Le cose in Germania si stavano, per volere di Paulino Pompeo e L. Vetere, allora capitani, ai quali; perchè nel dare le trionfali si largheggiava, il mantener la pace pareva più gloria. Ma per non infingardire i soldati, quegli fornì l’argine al Reno, che cominciò Druso prima sessantatrè anni. Vetere ordinò di tirar un fosdo dalla Mosella alla Sona, perchè gli eserciti portati per mare nel Rodano e nella Sona, per quel fosso si traghettassero in Mosella, in Reno, indi in Oceano: e senza le tante difficultà de’ cammini fare i liti di Settentrione e Ponente, in qua e in là navigabili. Per invidia di sì bell’opera, Elio Gracile, Legato de’ Belgi, avvertì Vetere a non mettere le legioni sue nella provincia d’altri, e farsi le Gallie benivole; perciocchè all’Imperadore darebbe sospètto; e così spesse volte’ s’impediscono le imprese onorate.
LIV. Onde per lo continuo ozio delli eserciti corse fama che a’ Legati era levata l’autorità di uscire contro al nimico; talchè i Frisj per boschi e paludi la gioventù, e per laghi l’inferma età, condussero alla riva, e ne’ voti campi, che i nostri nutrivano, si piantarono; persuasi da Verrito e Malorige, capitani di quella nazione, che allora era de’ Germani. E già vi avevano rizzato abituri, e fatto semente, come in lor patria; quando Didio Avito, preso il carico da Paulino, minacciando d’adoperar la forza romana se i Frisj non isgombravano nel paese antico, o non ne ottenevano da Cesare altro nuovo, mosse Verrito e Malorige a chiederlo. Andaro a Roma; e aspettando