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36 | DEGLI ANNALI |
perchè si vegga quanto pensano alle cose grandi essi, che badano in sino alle menome.
L. In questo anno a Nerone, rompendogli la testa il pòpolo dell’avanie de’ pubblicani, cadde in animo di lasciare tutte le gabelle, e fare al mondo questo bel dono. Ma i vecchi, alzata a cielo la sua grandezza d’animo, rattennero il furore; mostrando che l’imperio non si sostenterebbe scemandogli gli alimenti, e quasi ricolte della repubblica. Conciossiachè, levati i dazi, anche i tributi si vorrebbon levare. Le compagnie degli appalti furon create le più da’ Consoli e Tribuni, nel maggior vigore della libertà, bilanciate l’entrate pubbliche con le spese. Ben doversi dare in su le mani a’ pubblicani, che non facciano maladire, per crudeltà nuove, le cose tollerate ab antico.
LI. Cesare adunque bandì, che le tariffe di tutte le compagnie de’ pubblicani, fino allora occulte, si pubblicassero; le domande, passato l’anno, non si riassumessero; le querele a quelli date in Roma, il Pretore, e fuori, il vicepretore o il viceconsolo giudicassero sommariamente; a’ soldati si mantenesse l’esenzione, fuorchè ne’ traffichi da mercatanti; e altri giusti provvedimenti fece, durati poco e poi svaniti. Pure la quarantesima, la cinquantesima, e gli altri ingordi nomi trovati dai doganieri, non furono ritornati; le tratte del grano alle province oltremare scemate, le navi mercantili non addecimate.
LII. Sulpizio Camerino, e Pomponio Silvano dalle querele dell’Affrica, da loro retta, assoluti. Camerino ebbe pochi accusanti, e di crudeltà private, più che di latrocinj. Silvano ne ebbe un mondo; chiedevan tempo a far venir i testimoni; e il reo d’esser di-