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34 | DEGLI ANNALI |
per troppo amore, o per farnelo innamorare e godere: e con quest’altra scala più alto salire. Più volte fu nel levarsi da tavola del principe udito dire: „Andarsene a quella a sè conceduta nobiltà, beltà, disianza d’ogni uomo, gioia de’ felici„. Per tali incitamenti non passò guari, che Poppea intromessa, prima con atti e lusinghe, pigliava Nerone, dicendo, sè presa dalla sua beltade, non possente a resistere a tanto ardore; e quando il vide concio, insuperbita, dalla prima o seconda notte in là, diceva aver marito, non poterlo lasciare: esser da Otone trattata meglio che mai fosse donna; in lui vedere e d’animo e di vita, magnificenza; lui degno di somma fortuna; ma Nerone imbertonito d’una fantesca, come Atte, non avere cavato dalla pratica di lei che viltà e schifezza. Nerone a Ottone levò la dimestichezza: poscia il ragionare e il corteggiare: finalmente perchè in Roma non gli facesse il rivale, lo mandò governatore di Portogallo; ove resse sino alla guerra civile con giustizia e santità, contrarie alla infamia passata; essendo nell’ozio, dissoluto, nella podestà, temperato.
XLVII. Insino a qui Nerone cercò di coprire le sue cattività, sospettando massimamente di Cornelio Silla, cui tardo ingègno attribuiva a fina astuzia. Accrebbegli il sospetto Grato liberto di Cesare, cortigian vecchio insino di Tiberio, con questa menzogna. Ponte Molle allora era il raddotto la notte d’ogni baccano: Nerone vi veniva per andar meglio scavallando fuori della città. Ritornandosene per via Flaminia negli Orti de’ Salustj, Gratto corse a dirgli, la sorte averlo aiutato a non dare nell’imboscata di Silla (avvegnachè ai ministri del principe, che per