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LIBRO DECIMOTERZO | 33 |
dove è sdegno e amore, corsero contese, preghi, rimproveri, paci e parte della notte abbracciari. Raccesa l’ira, lei tutta sicura trapassa di stoccata; la servente accorsa spaventa con leggier ferita e scappa fuori. La mattina n’andò il romore: l’ucciditore era chiaro, provandosi l’esservi stato; ma il liberto diceva averla esso uccisa, e vendicato l’ingiuria del padron suo. Mosse l’atto nobile alcuni; ma la servente guarì e disse la verità; e Ottavio, uscito del tribunato, chiamato dal padre della morta a’ Consoli, fu condannato dal senato per la legge Cornelia degli omicidi,
XLV. Disonestà non minore fu principio quell’anno di maggior mali pubblici. Era in Roma Poppea Sabina figliuola di T. Ollio, ma prese il nome dell’avolo materno, per la chiara memoria di Poppeo Sabino, stato Consolo e trionfante; non aveva ancora avuto onori, e l’amicizia di Seiano lo rovinò. Questa donna ogni cosa ebbe, da onestade in fuori; vanto, come la madre, della più bella donna di quella età: ricchezza bastevole al suo chiaro sangue; parlare dolce: era disonesta e sapea fare la contegnosa: usciva poco fuori: coperta parte del viso, perchè stava meglio, o per farne bramosia: fama non curò; nè mariti dai non mariti distinse: amor suo, nè d’altri, non la stringeva; dove vedeva utile, là si gittava. Perciò ella, moglie allora di Rudio Crispino cavalier romano, che n’aveva un figliuolo, fu adocchiata da Otone, giovane splendido e tenuto il cuore di Nerone; e senza indugio all’adulterio seguitò il matrimonio.
XLVI. Otone non finava di lodar la bellezza e la grazia di questa sua moglie al principe: o malaccorto