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Tenne in campo sotto Bevagua in Umbria tutto confuso c preda de' falsi consigli.

LVI. Aringando egli ( cosa prodigiosa ! ) gli volò sopra 'l capo un nugolo di laidi uccelli, che coperse il Sole; e peggio, che un toro scappò dall'altare, « scompigliato tutto l'ordine del sacrificio, fu ammazzato discosto, nè dove l'ostie soglionsi: ma il prodigio maggiore era Vitellio: non sapeva di guerra, non prender partiti, non file ordinare, spiai"e; la . guerra strignere o allungare ; altrui ne domandava : ad ogni avviso allibiva, gli tremavan le gambe; sempre era ebbro ; lo stare in campo gli venne a tedio ; e udito che l' armata di Miseno s'era ribellata, tornò a Roma, spaventandolo sempre l'ultima percossa, e niente pensava all' ultima rovina. Perchè «piando gli era agevole passar l'Appennino con l'esercito intero e forte, e assalire i ninnici, morti di fame e freddo, lo sparnazzò: e mandò alla mazza cpiei ferocissimi soldati , pronti sino a morir per lui, contraddicendo i Centurioni pratichissimi, che domandatine, gli avrebbero" detto la verità. Ma non eran lasciati dagl'intrinsichi di Vitellio, che gli avevano acconce in modo l'orecchie, che l'utile li pareva, aspro, ascoltando solo il piacevole e dannoso.

LVII. L'armata di Miseno fu indotta a ribellarsi da Claudio Faventino Centurione, che Galba con onta cassò: il quale mostrò lettere contraffatte di Vespasiano, offerente gran premio, dandoglisi: tanto ardir puote nelle discordie civili ancora un solo ! Governavala Claudio Apollinare, nè fedel ministro, nè valente traditore: e Apinìo Trione, stato Pretore, allora per sorte a Minturno s' offerse Capo dei ribellanti : questi ci tirarono terre privilegiate e co