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n'andò in consigli ; non prese nè l'uno spediente , nè l' altro: tenne via di mezzo (che ne'pericoli non ci è peggio ) , nè abbastanza avventurò nè provvide.

XLI. Scrisse a Vitellio per aiuto. Vennero tre coorti con la cavalleria di Brettagna ; troppo numero a frodare e poco a sforzar la passata; e quantunque Valente avesse da pensar tanto , ebbe infamia d' aver voluto sfogare ogni brutta libidine per le case delli alloggiaici. Avea forza e danari e lussuria: vizio, che ultimo si parte da chi rovina. Quando l' aiuto • finalmente arrivò, chiarì la fiacchezza del consiglio , perchè sì pochi non potevano attraversar il nimico, quando russero stati fedelissimi ; e fidare non se ne poteva, se bene li riteneva un poco di modestia e riverenza al Capitano; legami, che non itengono più che tanto chi brama garbugli, e ha mandato giù la visiera, I pedoni innanzi, e i cavalli appresso, sospettandone, mandò a Rimini; ed ei con pochi nell'avversità non mutati, voltò nell'Umbria, indi in Toscana; ove, inteso il caso di Cremona, gli venne non basso pensiero, e se gli riusciva, terribile: di dar di piglio alle navi; porre in terra in qualunque luogo della provincia Narbonese; chiamar le Gallie, le genti di Germania, e accender nuova guerra.

XLII. Partito Valente, Cornelio Fusco con l' esercito e con le galee; circonda quei che tenevan Rimini spaventati: piglia la pianura dell' Umbria e la parte della Marca, cui bagna l'Adriatico: e tra Vespasiano e Vitellio, l'Appennino divideva tutta l'Italia. Fabio Valente dalla spiaggia pisana da fortuna di mare, o contrario vento, fu gittata a Monaco; ove era vicinq Mario Maturo procuratore dell' Alpi ma»