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alcuni via danari o doni d' oro , rubati ai templi divini , se più forti di loro incontravano , erano uccisi. Altri spregiando le robe che davan loro nelle mani , cercavano col bastonare e tormentar i padroni, di far disotterrar le-nascoste; e nelle case e ne'templi svaligiati, per piacevolezza gittavan fiaccole. Erano in quello esercito composto di Romani, allegati, stranieri di varie lingue e costumi, diverse voglie , diverse leggi , e nulla non lecito. Quattro giorni durò il sacco di Cremona; arse ogni cosa sagra e profana : il tempio solo di Mefite avanti alle mura fu difeso dal sito o dalla Iddia.

XXXIV. Tal fine ebbe Cremona l’ anno dugcnto ottantasei dopo che ella , essendo Consoli T. Sempronio e P. Cornelio, entrando in Italia Annibale, fu edificata per frontiera oltre al Po contro a' Galli o altra rovina che calasse dall' Alpi. Per molti abitatori , comodità di fiumi, grassezza e parentadi del paese, crebbe e fiori: da guerre di fuori non tocca, per le civili infelice. Antonio, vergognandosi di tanto male, essendone ogni dì più odiato, bandì che niuno tenesse prigioni Cremonesi. E già erano preda vana, perchè tutta Italia s' era accordata a non voler comperare. Cominciaro ad esser uccisi. I parenti , visto ciò , li raccattavan segretamente. Il popolo avanzato tornò in Cremona, e furon rifatti tempj e luoghi pubblici con la borsa de'cittadini , esortandone Vespasiano.

XXXV. Ma per lo fetore dello ammorbato terreno, poco potero dimorar nelle rovine della sepolta città. Tre miglia più là rimettono gli sparsi e spaventati Vitelliaui, ciascuno sotto sue insegne: le legioni vinte spargono per l'Illiria; affine che, stante