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al tradimento : tanto s' odiano le brutture ! Antonia

vi riparò col mandarlo guardato a Vespasiano.

XXXII. Intanto la plebe di Cremona tra tante spade ebbe che fare : venivasi al sangue , se i Capitani pregando non addolcivano i soldati. Antonio fece le parole a tutti : magnifiche ai vincitori , benigne a' vinti : di Cremona non si dichiarò. L' esercito, oltre alla naturale agonia della preda, la voleva spiantare per odj antichi. Crede vasi i Cremonesi aver aiutato Vitellio anche nella guerra d' Otone ; schernito ( come sono insolenti i plebei della città ) i tredicesimani , lasciativi a fabbricare l' anfiteatro. Accrebbe l' odio , l' avervi fatto Cecina lo spettacolo delli accoltellanti ; l" essere stata due volte sedia della guerra , aver porto vivande all' esercito vitelliano in battaglia' ed esservi insino state uccise delle donne, uscite a combattere per affezione alla parte. La Fiera ricca, aggiunta alla colonia ricca , tanto più li accendeva alla preda. In Antonio solo per lo grado e nome, eran tutti gli occhi volti : gli altri Capitani non eran guardati. Essendo egli di sangue lordo, entrò per lavarsi nella stufa , e trovatala poco calda, udissi: » Ben tosto fia riscaldata». Cotal motto fe' credere lui aver dato il segno di metter fuoco in Cremona, che già ardea; e gli accattò tutto

i ' odio.

XXXIII. Entraronvi a furia quarantamila armati e di bagaglioni e guatteri più numero e più crudi e più disonesti. A fil di spada e di vergogna , andava ogni età e dignità. Dei vecchi e vecchie, come disutili, faceano strazj e risa. Avvenendosi a matura vergine e bel donzello, per strappatigli di mano , gli sbranavano , e alla fine se n' uccidevano. Portandosi