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tiri , cogliendo arbori e non nimici. Un de' quali grande a dismisura della legion quattordicesima fracassava con gran sassi i nimici. e n' avrebbe fatto macello se non era un glorioso ardire di due soldati, che con due scudi raccolti tra quei morti, non essendo considerati, andaron a tagliar le funi a' contrappesi di quello stiomento. Furono incontanente uccisi; però i nomi non si seppero: il fatto è certo. A mezza notte , non si vedendo ancora dove la fortuna pendesse, si levò la luna; e scoperse l'uno esercito , l ' altro ingannò. Giovò a' Flaviani l ' averla di dietro , perchè gittava più lunghe l ' ombre de' cavalli e fanti che non erano i corpi ; e i nemici imberciavan quelle. I ;VitelIiani scoperti col lume in faccia, erano , senza potersi guardare , quasi da occulta parte saettati.

XXIV. Antonio adunque, quando potette conoscere i suoi , ed esser conosciuto, chi svergognava e proverbiava ; molti lodava ed inanimiva: a tutti dava speranze e promesse, e domandava le legioni di Pannonia perchè avessero ripreso l ' armi ? In quel piano potere essi convertir la passata vergogna in gloria. Voltatosi a' Mesici, li predicava Capi e autori di quella guerra: » A che aver provocato con parole e minacce i Vitelliani. se ora spiritassono delle lor mani e occhi ? » Così a qualurique a lui s' avveniva , diceva. Più disse alla legion terza, ricordandole l ' antiche prodezze e le nuove ; delli scacciati Parti sotto M. Antonio ; Armeni sotto Corbulone ; Sarmati dianzi. E ai Pretoriani in collora disse:» E voi concittadini , se non vincete questa volta, quale altro Imperadore, qual campo vi raccetterà ? Colà sou le armi vostre e P insegne : la morte se perderete ; che l’