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madre di nimicizie, le rattizzò, e mise ambo in gara d’onori, di codazzi e turbe di salutanti, mostrandosi Vitellio variamente inclinato or all’ uno or all’ altro. La grandezza non è mai sicura quando ell’ è troppa ; e lo stesso Vitellio , che or veniva in repentina collora, or faceva spropositate carezze , sprezzavano e temevano. Non perciò con più lentezza rapivano le case, i giardini e le ricchezze dell’Imperio; mentre infelice e compassionevol turba di nobili, che insieme coi figliuoli Galba avea renduti alla patria, non trovavano alcuna pietà nel principe. Fu cosa grata a’Grandi e approvata dalla plebe, render loro il diritto sopra lor libertini; ma vana per l’astuzia schiavesca, che la moneta trafugava in ripostigli, o imbrogliava con potenti: e alcuni in casa Cesare accontatisi, potevano più de’padroni.
XCIII. Ma i soldati , la cui moltitudine non capendo nel campo, si spargeva per le logge, tenrpj e tutta Roma, senza conoscere l’insegne, far le guardie e mantenersi robusti con le fatiche, dati a’ piaceri della città e alle disonestà, imbolsivano il corpo nell’ozio e l’animo nelle libidini. Nè anche si pensava a sapità : attendossi gran parte neh" infame aria’ di Vaticano ; onde fu grande mortalità ; c quei corpi cagionevoli de’ Tedeschi e Franciosi, non sofferendo il gran caldo, nel vicino Tevere si gittavano e ammalavansi. Guastò anche gli ordini militari la malizia o ambizione : e sedici coorti pretoriane e quattro romanesche, si scrivevano di mille fanti l’ una. Va• lente si prese in ciò più autorità che Cecina, quasi per averlo salvato ; e veramente l’ arrivo suo rimise quella parte a cavallo, e la battaglia vinta; chetò le lingue del tranquillato cammino, e tutti i soldati della