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altri il padi^e di un soldato trovandosi col figliuolo. Fu riconosciuto, e il caso divolgato rattenne la furia contro gl’ innocenti. Ma Roma andò sozzopra, correndovi per tutlo soldati di primo lancio al Foro, a vedere il luogo dove fu disteso Galba: e orribili erano a vedere essi, vestiti di pelli di fiera, con grandi spiedi, che non sapendo forar Ii calca, se sdrucciolando o urtati cadevano, venivano alle villanie, alle pugna, al ferro. Mettevano ancora spavento i Tribuni e Maestri di campo, in armate frotte ronzando.
LXXXIX. La persona di Vitellio da Ponte Molle sopr’a superbo corsiero in sopravvesta imperiale, dibrando cinto, col Senato e popolo Romano innanzi^ per non parere d’entrar in Roma presa per forza, per consiglio d’ amici, si vestì la pretesta e mosse adagio in tale ordinanza. Quattro aquile di legioni in fronte, con quattro gonfaloni d’altre legioni intorno: dodici di cavalli, e dopo le file della fanteria , cavalli ; poi xxxiv coorti d’ aiuti, separate secondo lor lingue e armi. Stavano Maestri di campo, Tribuni e principali Centurioni, innanzi alle loro aquile in veste candida ; e gli altri nelle lor centurie risplendevano con bella mostra d’ armi, doni, collane e abbigliamenti. Superba vista: esercito degno d’ altro principe che Vitellio. Così entrò in Campidoglio, ove abbracciò sua madre e onorolla di titolo d’Augusta.
XC. Lo dì seguente al senato e popolo, come russero d’ un’altra città, con magnifica diceria sciorinò le laudi di sè stesso: l’industria, la temperanza" sapendosi le sue sceleratezze da chiunque v’ era e da tutta Italia, per dove lasciò il segno della sua gola e sonno e disonestà vergognose. E pure il popolo scioperato alzava alle stelle le solite adulazioni imparate,