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corpo d’Orfid;o Legato fu trovato e arso con solita onoranza: seppelliti alcuni da’lor parenti; tutti gli altri in su la terra lasciati.
XLVI, Otone attendeva l’avviso della giornata, coraggioso, e di sè risoluto. Giunsene prima fama non troppo buona ; poscia i fuggiti della battaglia accertarono esser ito in malora ogni cosa. L’ affezione de’ soldati non aspettò ch’ ei parlasse, dicendo ; Non dubitasse ; esservi ancor nuove forze ; patirieno, ardirie«io essi ogni estremo ; e senza adulare, ardevano di voglia infuriata d’ire a combattere, risuscitar la fortuna: alzavano le mani i lontani, baciavangli le ginocchia i vicini. Scongiuravalo del medesimo, Plozio Fermo, Prefetto dei pretoriani: Non gittasse via si fedele esercito, soldati sì meritevoli: la fronte e non le spalle voltare il coraggioso all’ avversità ; speranza eziandio ritenere il forte e valoroso , contro a fortuna ; alla disperazione correre i ’codardi e vili. Secondo che a tali conforti Otone in viso pareva piegato o duro, uscivano allegrezze o sospiri. Nè pure i pretoriani, propri soldati d’Otone, ma i mandati di Mesia, portavano la medesima Ostinazione di quell’ esercito che s’appressava, e già era in Aquilea: e senza dubbio si poteva rifar guerra atroce, lacrimevole e dubbia.
XLVII. Ma Otone, deliberato di no, disse a’confortanti: » Non vale la vita mia quanto il mettere a nuovo risico quest’ animo e virtù vostra. Quanto più speranza mi date, volendo io vivere, tanto fia più bello il morire. Ho provato l’ una e l’altra fortuna, ed esse me: non fate ragion del tempo: felicità non durabile, è più difficile a temperare ; ma