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26 | DEGLI ANNALI |
nuova: non elmi, non loriche portavano; ma col ben vestire e mercantare, finivano lor soldo per le castella. Là onde licenziati i vecchi e malsani, chiese nuova gente, che si fece in Galazia e Cappadocia: e di Germania gli venne una legione di buoni cavalli e fanti. Tenne tutto l’esercito fuori sotto le tende, che per rizzarle convenne zappare il terreno ghiacciato per lo verno crudissimo, onde a molti le membra rimaser secche, e alcune sentinelle intirizzate; un soldato, che portava un fastello di legna, vi lasciò le mani appiccate e rimase monco. Esso capitano mal vestito e in zucca, sempre dattorno era a lavorìi, all’ordinanze: dava lode a’ valenti, conforto alli infermi, esempio a tutti. E perchè molti fuggirono quella crudezza di cielo e di milizia, la severità fu rimedio; non perdonando, come negli altri eserciti, la prima falta, nè la seconda; ma era subitamente, chi lasciava l’insegna, dicapitato; e fu la vera medicina, più che usar pietà; perchè di quel campo ne fuggì meno, che d’onde si perdonava.
XXXVI. Tenne Corbulone i nostri dentro, sino a mezza primavera, nel campo: gli aiuti adattò in più luoghi con ordine di non venire i primi a battaglia: e accomandogli a Fazio Orfito stato Primìpilo. Costui benchè scrivesse, i Barbari non si guardare, ed esservi da far del bene, gli fu comandato, non uscisse e aspettasse più gente. Non ubbidì: e venutoli di castella vicine pochi cavalli, chiedenti senza giudizio battaglia col nimico, l’appiccò e fu rotto. E gli altri, che aiutar li doveano, impauriti dal danno altrui, fuggirono ciascuno in suo alloggiamento. Corbulone ne ebbe gran dispiacere: e dettone villania a Fazio, a’ capi, a’ soldati, gli cacciò tutti fuori