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loro. Per Tiziano e Celso, si fece l’entrarvi di notte ; messe le scolte, attutati i soldati da Anriio Gallo, che consigliò, pregò, comandò noa aggiugnessero alla sconfina la crudeltà contro a loro stessi, o fosse finita la guerra o volesserla ripigliare: conforto unico a’ vinti, esser l’ unione. Si perderono gli altri d’ a~ nimo: i soldati pretoriani sbuffano, che non erano stati vinti per virtù, ma per tradimento: non era stata la vittoria senza sangue, avendo rotti i cavalli, e tolta un’ aquila; essere con Otone tutta la gente d’oltre Po; gran parte dell’esercito rimaso a Bedriaco : due legioni venir di Mesia ; questi non esser vinti però ; e pur dovendo, mori rie no in battaglia con più onore. Tra questi pensieri, or terribili, or paurosi, per ultima dispeiazione l’ira cacciava più spesso il timore.

XLV. L’ esercito di Vitellio si piantò cinque miglia presso a Bedriaco, non avendo i Capitani ardito il dì medesimo d’ assaltare il campo: e anche si sperava che s’ arrendesse; ma a quegli senza bagaglie, e usciti solo a combattere l’ armi e la vittoria, serviron per ogni cosa. La dimane di volontà non dubbia dell’ esercito d’ Otone (e volti a pentirsi i più feroci) furon mandati arnhasciadori a chieder pace. "I capitani di Vitellio non la stettero a pensare: ritennerli alquanto ; e se ne stette con arisietà, non sapendo se l’ avessero ottenuta. Rimandatili, lo stec«ato fu aperto. Allora i vinti e’ vincitori, con un mare di lagrime e miseranda allegrezza, maladicevano l’armi civili: ne’medesimi padiglioni medicavano le ferite de’ fratelli e de’ parenti ; le speranze e guiderdoni erano dubbi; le morti e’pianti certani : e uiuno ne andò così netto che non piangesse qualcuno. 1l