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de’ riconoscitori, vedendo Fabio Valente appressarsi, a fine che tutta la reputazion della guerra non venisse in lui, sollecitava con più agonia che consiglio, di racquistarla. Nel luogo detto Gastore, dodici miglia presso a Cremona, imbpsca i più feroci fanti d’ aiuto lungo la via, più innanzi fa passar i cavalli , con ordine che appicchino scaramuccia, voltino !e spalle; per farsi correr dietro sino al saltar fuori l’ agguato. I Capitani d’ Otone il seppero: Paulino prese cura dei fanti, Celso de’ cavalli. A sinistra furono la legion tredicesima, quattro coorti d’ aiuti e cinquecento cavalli- presero il ciglione della via tre coorti pretoriane in file serrate ; a destra la legion prima con due coorti d’aiuti e cinquecento cavalli; oltre a questi, mille cavalli pretoriani e d’aiuti stavano alle riscosse, bisognando, e, per vantaggio, vincendo.
XXV. Innanzi all’ appiccar la battaglia, i Vitelliani voltan le spalle. Celso, che sapeva lo inganno, gli lascia andare ; escono a sproposito gl’ imboscati : vannogli addosso. Celso cede passo passo, conduceli nelle forbici ; perchè gli aiuti a’ fianchi, la legione a fronte, e i cavalli girando lor dietro, subitamente gli accerchiarono. Non fu sollecito a dar alla fanteria il segno della battaglia. Svetonio Paulino, tardo per natura e vago anzi di andar cauto con ragione , che di vincere a caso; ma fece empier le le fosse, nettar la campagna, spiegar l’ordinanze; sembrandogli aver ben tosto cominciato a vincere , avendo provveduto di non esser vinto. Tale indugio diede agio a’Vitelliani a salvarsi in certe vigne intralciate lungo un picciol bosco, ove ripreso animo, ammazzarono i cavalli troppo volonterosi ; e fu ferito il Re Epifanc, che faceva per Otone gran prove.