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cavalli, che rivoltaron faccia, furon circondati; c quasi fatto tregua, perchè l’armata di qua, e i cavalli di là non si infestassero, si ritirarono i Vitelliani in Antibo, terra della provincia Narbonese, e gli Otoniani in Albenga di Liguria.
XVI. La Corsica, la Sanligna c l’altre vicine isole, alla fama che l’ armata avea vinto, tennero da Otone. Ma ebbe a rovinar la Corsica la temerità di Decimo Pacario procuratore, che per odio d’Otone voleva pure con le forze de’ Corsi dare a Vitellio aiuto, in tanta macchina di guerra ridicolo, quando bene gli fusse riuscito ; ma gli tornò in capo. Aperse suo concetto a’principali isolani; e, perchè Claudio Firrico, Ammiraglio di quelle galee, e Quinzio Certo , Cavalier romano, ardirono di contraddirlo, li fece ammazzare. Spaventati que’ che presenti erano, con tutta la turba ignorante e tremante, giurano fedeltà a Vitellio. Ma, come Pacario cominciò a scriverli per soldati, aggravare quella gente rozza nelli ufici della milizia, fatiche non usate abborrendo, s’ avvidero d’esser deboli e in isola; la Germania e forze, lontane; saccheggiati e guasti dall’armata ancora i difesi dalle coorti e da’cavalli, e subito rivoltati, ma occultamente, presero il tempo; e quando fu Pacario da quei che lo corteggiavano lasciato nel bagno ignudo e solo, ammazzano lui e loro, e portano le teste come di nimici, a Otone; e non n’ ebbero nè da lui premio, nè da Vitellio gastigo , essendone in quella confusione de’ più scelerati.
XVII. Avea già rotto la guerra in Italia la cavalleria sillana, come dicemmo, e niuno favoriva Otone ; non per volere anzi Vitellio, ma per aver la lunga pace ognuno avvilito a lasciarsi cavalcare, 0 migliore