Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/230

la guardia del principe e quella di Roma; si condussero a battaglie: il Levante e'l Ponente con loro forze a tergo , se avessero avuti altri Capi, erano materia da guerreggiare un gran pezzo. Avendo alcuno fatto scrupolo a Otone del partirsi prima che gli Ancili fussero riposti, non ne volle udir, nulla ; perchè la rovina di Nerone fu il baloccare) e Cecina già sceso dall'Alpi il cacciava.

XC. A' quattordici di marzo Otone raccomandò a' Padri la repubblica ; e fece a' ritornati da' confini di tutte le neronesche condennagioni ancor non pagate , dono giustissimo, in apparenza magnifico , in effetto magro . perchè i fiscali non le avevan lasciate freddare : chiamò a parlamento , e al cielo alzò la maestà di Roma , e l' unione del Senato e del popolo , nello eleggerlo ; della parte contraria parlò riserbato ; dicendoli ingannati , anzi che contumaci) senza nominar mai Vitellio , o per sua modestia, o pur non volle dirne male in quella diceria, per paura di sè Galerio Tracalo, che la compose; maneggiando le cose civili d' Otone , come Paulino e Celso le militari ; e fu riconosciuto lo stile per le molte cause difese, pien di parole e gran rumore, come piace al popolo. Levò il popolo grida e sconce laudi , solite, adulatrici e false; quasi per Cesare lo Dettatore o per Augusto lo Imperadore, facevano a gaia a mostrar affetto e divozione; non per paura, nè per amore, ma per un istinto servile, come avvien fra gli schiavi, che ciascuno ha il suo fine particolare , poco curando l ' onor del pubblico. Otone partì, lasciato Salvio Tiziano suo fratello al governo della città e dell' imperio.

FINE DEL LIBRO PRIMO.