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LXXXVltL Riposto fu in que' dì nella colonia di Aquino Cornelio Dolabella in prigionia nè stretta, nè dubbia; non per peccato alcuno, ma per essere id listra de' gran casati e parente di Galba. Menò seco Otone molti di Magistrato, gran parte de'Consolari, non per aiuti o ministri della guerra, ma sotto pre» testo di compagnia; tra gli altri L. Vitellio, stimato come gli altri , nè da fratello d'Imperadore , nè da nimico. In tanto sollevamento , ognuno era in pensiero e pericolo: vecchi, e nella lunga pace annigh itti ti i primi Senatori, infingardi e scordati di gnorIre i nobili, non soldati i cavalieri, più timidi , quanto meno si mostravano ; altri , per ambizioni sciocche spendevano in belle armi, nobili cavalli ; altri in grandi apparecchi di conviti , lascivi incitamenti y come questi fossero solenni stromenti da guerra. I «aggi bramavano pace e ben pubblico ; i leggeri e male accorti, gonfiavano di vana speranza: molti nella pace falliti, voleano garbuglio, nel pericolo godeano sicuri.
LXXXIX. La plebe e 'l popolo incapace" de' pensieri pubblici, per lor grandezza, cominciava a sentir i frutti della guerra; essendo ne' soldati colato tutto il danaio , rincarati i viveri: il movimento di Vindice distrusse meno : la città non corse pericolo; e la guerra fatta fuora tra le legioni e la Gallia fu, quasi forestiera; Dappoichè il divino Augusto fermò lo stato de' Cesari , il popol romano non fece guerre se non discosto a rischio e gloria d'un solo: sotto Tiberio e Caio si patì solo per la pace : Scriboniano contro a Claudio fu fuoco di paglia: Nerone fu cacciato con le grida anzi che con l' armi ; dove allotta le legioni s le armate, G quel che di rado avvenne,