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il subito allagamento del Tevere , che alzato a dismisura rovinò il ponte Sublicio: e per quella maceria tenendo in collo , cavalcò non pure i luoghi bassi e piani della città , ma i non più allagati ; molta gente colta allo scoperto , ne menò o affogò nelle caso e botteghe ; la plebe affamò; non trovando da vivere nè da lavorare ; I' acqua ferma intenerìo le fondamenta : scolando quella , rovinavan le case. Otone , come prima si rispirò dal pericolo , s' ordinò per partire alla guerra : e trovato, per cagioni di for* tuna o di natura , chiuso Campo Marzio e la via Flamina , onde doveva passare , fu preso per segno di futura rovina.
LXXXVII. Purgò con sagrificj la città: e fatto consiglio della guerra, perchè i Vitelliani tenevano l'Alpi Penine e Cozie, e gli altri passi in Gallia , deliberò assaltare la Gallia Narbonese con forte armata e fedele ; per aver fatti soldati legionari gli avanzati al macello di Pontemolle e tenuti in carcere da Galba, e promesso agli altri soldo più onorato. Rinforzò l'armata di coorti romane e de' più de' pretoriani, nerbo e fior di tutto l'esercito: alli stessi Capi guardia e consiglio. La cura dell' impresa diede a Antonio Novello, Svedio Clemente primopilari, e a Emilio Pacense, cui avea renduto il tribunato , toltogli da Galba : confidò l' armata ad Osco suo liberto, perchè'avesse l'occhio alla fedeltà dei principali ; la fanteria e cavalleria commise a Svetonio Paulino, Mario Celso, Annio GaUo- Sopra tutti confidò in Licinio Proculo Prefetto de'Pretoriani. Costui nella milizia di Roma yalente, alle guerre non pratico, col mordere ( che agevole è) l'autorità di Paulino, il vigore di Celso, la prudeuza di Gallo , maligno e astuto, scavallava j buoni e mpdesti.