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all' armi ; montano a cavallo , con le spaile ignude :
entrano in Roma , in palagio ,
LXXXI. ove Otone faceva nobil convito a principali donne e uomini, i quali andaron tutti sozzopra; non sapendo se ciò era proprio furor di soldati o tradimento d' Otone : se peggio lasciarsi pigliare o fuggire , or faceano il costante, or gli scopria la paura , e guardavanlo in viso. Esso, come fanno gli insospettiti , spaurito , impauriva : e temendo del pericolo de'Senatori, più che del suo, mandò Capi pretoriani a raddolcire i soldati : e licenziò incontanente il convito. Vedresti i graduati, gittate le insegne via, schifata ogni comitiva di schiavi e d'amici , vecchi e donne , di notte correre per le strade : pochi alle lor case; ma appiattarsi in quelle di lor amici e partigiani i più minuali.
LXXXTl. I soldati sforzano la porta del palagiocorrono all' apparecchio : domandano dove è Otone; fediscono Giulio Marziale Tribuno e Vitellio Saturnino Capo di legioni, paratisi avanti alla furia: tutto è arme e minacce a'Centurioni , a'Tribuni, a tutto'l Senato. Pazzi per sospetto e ciechi, non potendo aver collera con alcun particolare, la voleano sfogar con tutti. Otone, contro alla dignita dell'imperio, si rizzò in su'l letto, e con preghi e lagrime li raffrenò affatica ; e tornaronsi malvolentieri al campo , e non senza aver fatto del male. Lo dì vegnente, come fusse la città presa, erano serrate le case , le vie vote, la plebe mesta, i soldati guardavano in terra, pensierosi più che pentiti. Parlarono a ogni squadra Licinio Procolo e Plozio Firmo Prefetti ; ciascuno secondo sua natura , o brusco o dolce. La conchiusion fu, che si contasse fiorini centoventicinque per testa.