Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
per la montagna di Rezia voltare in Norico contro a Petronio che v'era procuratore, che con chiamare aiuti e romper ponti a'fiumi, si mostrava fedele a Otone ; ma temendo non perdere lè forze avviate, e parendogli più gloria l'avere Italia, e che Norico, dovunque si combattesse , sarebbe con ogni cosa di chi vincesse, passò la gente leggiera e le legioni di grave armadura per le nevi ancor alte l'Alpe Penina.
LXXI. Otone intanto fuor d'ogni aspettazione non dormiva : messo da banda delizie agi e piaceri, faceva ogni cosa degna d'imperio ; tanto più facevan paura le sue virtù false e i vizi che tornerieno. Per darsi nome di clemente perdonando a un Grande. contrario a sua parte, si fe'venire in Campidoglio Mario Celso, eletto Consolo, levato già alla furia dei soldati, sotto ombra di carcerarlo. Celso arditamente confessò il delitto d' aver servito Galba con somma fede ; affermando che il medesimo avrebbe fatto per lui. Otone, come se non avesse bisogno di perdono, tosto lo ricevè tra gl'intimi, e'l fe'uno de"Capi della guerra per tor via ogni sospetto di finta riconciliazione ; e Celso anche a Otone mantenne, quasi per suo fato, fede intera e sventurata. Piacque a' Grandi la salute di Celso ; il popolo la celebrò: a'soldati , che quella virtù odiavano e ammiravano, non fu discara.
LXXII. Pari allegrezza per contrarie cagioni fu fatta, dall'impetrata rovina di Sofonio Tigellino, vilmente nato, disonesto fanciullo, vituperoso vecchio; il quale avendo acquistato la prefettura delle guardie di notte e del pretorio , e altri onori dovuti a virtù , per mezzo de' vizj , che è la più corta , esercitò da prima le crudeltà, poi l'avarizie e solenni