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gistrati ; e le donne , e i fanciulli prostrati raccomandandosi con tutti gli altri placamenti di nimica ira , per aver pace da chi non facea guerra.
LXIV. Fabio Valente ne' Leuci ebbe la nuova, come Galba era ucciso, e Otone Imperadore; i soldati senz' averne allegrezza o paura, pensavano a ogni modo alla guerra. A' Galli, fu tolto allora ogni dubbio. Otone e Vilellio parimente odiavano : ma Vitellio temevano. Venuti ne' Lingoni, più vicini e fedeli a lor parte, vi furono bene adagiati, ed essi altrettanto modesti. Ma poco durò l'allegrezza, per la fastidiosaggine di quelli aiuti batavi, partitisi dalla legione quattordicesima e ricevuti da Valente nel suo esercito, come detto è; i quali vennero co'legionari prima a parole, indi alle contese; favorendo chi questi chi quelli, s'azzuffavano tutti, se Valente col gastigo di pochi non ricordava a' Batavi l' ubbidienza. Cercossi occasione per attaccarla con gli Edui , se non porgevano tante armi e danari- ma essi vi aggiunsero vettovaglie in dono. Questo , che gli Edui per paura , fecero i Lionesi per allegrezza. Ma furo sgravati della legione italica e de'cavalli taurini; lasciatovi la solita guardia della coorte diciottesima. Manlio Valente , che comandava la detta italica, assai per Vitellio fece; e non fu aggradito; avendonegli Fabio de"tto ogni male in segreto; e per più ingannarlo, ogni bene in pubblico.
LXV. Aveva la passata guerra l'antiche izze tra Lionesi e Viennesi, raccese, per più danni fattisi; e maggiori che non avrieno per Nerone e Galba semplicemente. Galba incollerito co'Lionesi, confiscò loro tutte l'entrate; i Viennesi, per lo contrario, molto onorò; onde fu gara e invidia: e intr'arabi dal Suine, staccati,