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LIBRO DECIMOTERZO | 21 |
ad uomini e donne di gran qualità, perchè molte quadriglie d’altri credute esser la sua, affrontavano a man salva; e pareva la notte la città ire a sacco. Giulio Montano vinto per Senatore, venuto alle mani una notte col prìncipe, lo fece cagliare; poi conosciutolo, e chiestogli perdono, fu fatto morire, quasi glielo avesse rimproverato. Nerone andò poscia più cauto, con masnade di soldati e accoltellanti, che lo lasciasser fare i primi affronti; ma, riscaldando la zuffa, accorresser con l’arme. Convertì la licenza del favorire chi questi, chi quelli strioni, quasi in battaglia, col non punire e col premiare: e star esso a vedere ora ascoso, ora scoperto; alla qual discordia di popolo e pericolo di sollevamento, fu rimediato col cacciare gli strioni fuor d’Italia, e nel teatro rimetter la guardia de’ soldati.
XXVI. In questo tempo si trattò in senato delle fraudi de’ liberti, e che i padroni potessero per mali portamenti ritor loro la libertà. Approvatori non mancavano. Ma i Consoli non ardirono proporlo senza saputa del principe; scrissergli: „Che il senato n’era contento; ne comandasse egli il partito, come tra pochi e discordi. Fremevano alcuni, la libertà averli fatti tale insolenti, che trattino a diritto o a torto, stanno a tu per tu col padrone, e quando gli vuol gastigare, te lo rispingono o manomettono. E un povero padrone offeso, che può far altro al suo liberto, che discostarlosi venti miglia in Terra di Lavoro? nel resto procedon del pari, e conviene metter loro un morso che lo temano. Non esser grave mantenersi la libertà con là medesima riverenza che l’ottennero. Chi erra, ritorni schiavo; e freni la paura, cui non muta il beneficio.