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tale allegrezza: niuua testa sì minuto squadrata coli Occhi insaziabili; o cominciando allora, scarico d'ogni pensiero a perdersi nell'allegrezza, o pur restato confuso quell' animo, benchè crudele, per rimembranza della maestà di Galba, e amicizia di Tito Vinio, gli pareva dover della morte di Pisone, suo nimico e concorrente, far allegrezza. Portavano in su le picche le teste tra le insegne delle coorti, allato all' aquila della legione ; mostrando per fatto egregio a gara le mani sanguinose que'che gli aveano Uccisi o vi s'eran trovati : vero o non vero. Cento venti, o più, suppliche di chiedenti premio d'opere fatte quel giorno trovò poi Vitellio: e tutti li fe' pigliare e morire; non per onor diGalba, ma all'usanza de' principi, per assicurarsi di quelli e insegnare agli altri.

XLV. Non pareva il Senato quel desso, nè il popolo; ognuno al campo : s' azzuffavano per passarsi innanzi, maladivano Galba, benedivano il giudicio de' soldati: baciavano la mano a Otone; e quanto più Ante l' apparenze erano, più ne facevano. Egli dava pasto a ognuno ; temperava, con voce e volto , i soldati avidi e minaccianti ; eglino nimicavano, quasi male arti, l'industria e bontà di Mario Celso disegnato Consolo, e a Galba fino all'ultimo fedele amico, e chiedevanlo al supplizio. Vedevasi che si cercava occasione di cominciare a far sangue e bottini, e tor via i migliori. Ma Otone non poteva per ancora proibire il mal fare, ma ben comandarlo. Mostrandoglisi adunque pien d'ira comandò che 'l legassero, dicendo che bene il gastigherebbe ; e così dal pericolo lo sottrasse.

XLVI. Ogn'altra cosa poi andò a voglia dei solI