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intendesse con Otone, o pur per odioi Ritennelo il tempo e 'l luogo. Mettendosi mano al sangue, mal si poteva fermare: e bisognò pensare ad altro ; venendo sempre peggiori av/isi, fuggendosi molti, discostandosi tutti, che prima mostrarono tanta fede e coraggio.
XL. Galba era abburattato qua e là , secondo che la turba ondeggiava. Palagi e tempj pieni, con vista lagrimevole ; stavano la plebe e 'l popolo attoniti , ammutoliti, in orecchia ogni strepito; non v'era tumulto, non quiete: silenzio , quale è nelle gran paure e ire. Nondimeno essendo detto a Otone che la plebe s'armava, fece correre a riparare al pericolo. Vanno i soldati romani, quasi avessero a cacciar Vologese o Pacoro dell' antico trono arsacido , e non tagliar a pezzi il loro Imperadore disarmato e vecchio : la plebe sbaragliano, il Senato calpestano : con minacciose armi , feroci a corsa di cavalli si spingono nel Foro : senza riguardar a Campidoglio , a religion di templi, a maestà di principi passati e futuri, commisero l'eccesso, che qualunque succede gastiga.
XLI. Vedute appressatesi l' armate schiere , l' Alfiere della coorte, che accompagnava Galba ( dicono che fu Attilio Vergilione ) tirò giù l' effigie di esso, e la battè in terra. A quel segno tutti i soldati si scopersero per Otone : il popolo fuggi di piazza : erano a chi la pensava, voltate le punte. Galba presso a fonte Curzio, tremando le gambe a' portatori della seggiola, gittato per terra e voltolatolo ;F ultime sue parole, chi l'odiò, disse che furono: » Che ho io fatto? il donativo verrà tra pochi di: vi supplico di questo tempo ; » chi l’ ammirò, e i più, vogliono che egli porgesse la gola alli ucciditori, dicendo : » Che