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178 DELLE STORIE

e senz’odio, di ciascheduno, serbandomi alla vecchiaia, se io v’arriverò, i principati di Nerva e di Traiano; materia più ampia e sicura per la rara felicità di questi tempi che si può a suo modo intendere, e dir convella s’intende.

II. Io metto mano a un’opera piena di vari casi: atroci battaglie, discordie di parti, crudeltà nella stessa pace. Quattro Imperadori morti di ferro; tre guerre civili; molte più straniere e per lo più mescolate: prosperità in Levante; avversità in Ponente; travagli in Illirio; le Gallie vacillanti; la Britannia conquistata e tosto perduta; genti Sarmate e Sveve sollevate; la Dacia, rinomata per date e tocche sconfitte; e presso che mosse l’armi dei Parti, per la beffa del falso Nerone; Italia, per nuovi o dopo lungo tempo ritornati danni, afflitta; inghiottite o rovinate città della grassa Terra di Lavoro; Roma da fuoco guasta, templi antichissimi disfatti: e ’l Campidoglio stesso arso per le mani de’ cittadini. Santità profanate; grandi adulterj; isole ripiene di confinati; scogli di sangue tinti; atrocità crudelissime in Roma; nobiltà, ricchezza, rifiutati onori o esercìtati, eran peccati gravi; le virtù, rovina certissima; i premj delle spie, abbominevoli quanto i delitti; riportatone, chi sacerdozj e consolati, quasi spoglie opime, chi maneggi e potenza intima, facendo e traendo il tutto a sè, per odio o terrore; schiavi e liberti corrotti contro ai padroni, a cui mancava nimici, oppressi da amici. Secolo non però tanto di virtù sterile, che qualche buono esempio non producesse.

III. Madri e mogli accompagnanti figliuoli e mariti scacciati, parenti difenditeri, generi costanti; schiavi fedeli e forti a’ tormenti; Grandi ammazzatisi con