Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LIBRO DECIMOTERZO | 15 |
madre rovinosa, ora il giovane spiritoso, che l’avea mostrato e acquistatone grazia in quelle feste Saturnali, ove Nerone, fatto re de’ giuochi, n’impose agli altri vari, e da non arrossire: a Britannico, che nel mezzo andasse e cantasse improvviso, sperando far rìdere il popolo del fanciullo non usato a cene oneste, non che ubbrìachesche. Ma egli sensatamente cantando, accennò, come del suo seggio e sommo imperio cacciato fosse, e mosse pietà pia manifesta, per aver la notte e l’allegria levato i rispetti. Nerone, vistosi mal voluto per questo fratello, gli accrebbe l’odio: e per le minacce d’Agrippina, affrettò cagione di farlo uccidere. Alla scoperta non v’era, e non ardiva: pensò alle fraudi, e d’avvelenarlo per mezzo di Giulio Pollione Tribuno d’una coorte di guardia, che teneva prigiona Locusta, condannata per molti veleni, ond’era maestra famosa; e già ogni custode di Britannico era acconcio a fargli ogni tradimento. Questi gli diedono il primo veleno, che gli mosse il corpo, e passò, come poco potente o temperato a tempo. Ma Nerone non potendo aspettare, minaccia il Tribuno: comanda che gastighi la femmina; poichè per pensare al dire del popolo, a scusar sè, tengono il principe in pericolo. Promettongli morte più subita che di coltello nel cuore. Nella sua anticamera cuocon, di più veleni provati pessimi, un furiosissimo.
XVI. Usavano i figliuoli de’ principi sedere in vista loro appiè de’ letti con altri nobili di loro età, a mensa separata e men ricca. Così mangiando Britannico, uno de’ suoi gli faceva de’ cibi e del bere la credenza, e per non mancare dell’usato, e non chiarire il veleno, morendo ambi, si trovò