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DEGLI ANNALI | 110 |
acquistare, che recatolsi a noja, cercava con ogn’arte opprimerlo. Scevino, inteso che Natale avea confessato, per pari fiacchezza, o per credere scoperto il tutto, e non giovar il tacere, nominò gli altri. Lucano, Quinziano e Senecione’ stettero alla dura: poi guastatisi, per promesso perdono; per loro scusa di aver penato, nominarono Lucano, Atilla sua madre, Quinziano, Glicio Gallo, Senecione, Annio Pollione i loro più cari amici.
LVII. Nerone si ricordò di Epicari, ritenuta per indizio di Procolo; e non credendo che una donna reggesse al dolore, ne comandò ogni strazio. Nè verga nè fuoco, nè ira dei martorianti, del non sapere sgarare una femmina, la fecero confessare: e vinse il primo dì. Portata il seguente a’ tormenti medesimi in seggiola, non potendo reggersi sopra le membra lacerate, si trasse di sedo una fascia, l’annodò alla seggiola, incalacppiò alla gola, stringendosela col peso del corpo, e trassene quel poco di fiato che v’era. Esempio memorevole, che una femmina libertina volesse salvare con tanta agonia gli strani, e quasi non mai conosciuti, quando gl’ingenui uomini, cavalieri senatori, senza tormenti, scoprivano i più cari, non lasciando Lucano, Senecione e Quinziano, di nominare anche gli altri a dilungo, onde a Nerone cresceva sempre più la paura: raddoppiò la sua guardia.
LVIII. Le sentinelle tenevano la città e le mura, ronzavano per le piazze e case e ville, e terre; al mare, al fiume, schiere di fanti e cavalli, mescolatovi Tedeschi, de’ quali si fidava per essere forestieri. Tiravano al detto giardino le funate de’ congiurati, che aspettavano fuori, e per terra, quando erano chiamati al tormento. L’aver fatto festa ad al-