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LIBRO DECIMOTERZO | 11 |
e partironsi i Parti d’Armenia, quasi differendo la guerra.
VIII. Erano queste cose in Senato aggrandite da quelli che proponevano far pricissione; il principe v’andasse in veste trionfale, entrasse in Roma ovante: se gli facesse statua nel tempio, di Marte Vendicatore, grande come la sua; tutto per l’usata adulazione, e per l’allegrezza d’aver fatto suo luogotenente in Armenia Domizio Corbulone, e parere aperta la porta alle virtù. Le forze dell’Oriente furon divise in questa guisa; Che Quadrato Vinidio rimanesse nel suo governo di Soria con le due legioni, e parte delli aiuti; altrettanti n’avesse Corbulone: e più i colonnelli e la cavalleria, che svernavano in Cappadocia: i Re amici quelli, secondo che la guerra chiedesse, ubbidissero. Ma essi amavan più Corbulone; il quale per acquistar nome, cosa nelle nuove imprese importantissima, camminando forte, riscontrò Quadrato in Egea città di Cilicia, che s’era levato innanzi per gelosia, che se in Sorìa entrava a ricever le genti Corbulone, di gran potenza, di parole magnifico, atto, oltre alla esperienza e al sapere, a muovere ancora con l’apparenza, non facesse tutti gli occhi in sè volgere.
IX. L’uno e l’altro per messaggi confortavano il Re Vologese a voler pace e, non guerra: dare statichi, e continuar la reverenza portata dalli altri al popol romano. Vologese, o per apparecchiarsi con agio di forze a quella guerra, o per levarsi i sospetti di concorrenza, consegnò sotto nome di statichi i primi del sangue arsacido a Isteo Centurione, da Vinidio per sorte mandato prima al Re