Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/10

10 DEGLI ANNALI

e risedere al pari di lui; ma Seneca, stando gli altri attòniti, gli disse, che le andasse incontro; e così, mostrandole riverenza, riparò la vergogna.

VI. Nel fine dell’anno vennero nuove che l’Armenia era dì nuovo corsa da’ Parti, cacciatone Ra«damisto, già più volte entratovi e fuggitone, allora del tutto abbandonatosi. Molti per la città ciarlatrice domandavano: „In che modo potrebbe quel principe, fanciullo di anni diciassette, tanto peso reggere, o sgravarsene? che aiuto dare chi è retto da una donna? commetteransi le giornate, gli assalti, e l’altre azioni di guerra a pedagoghi?„ Altri dicevano: „Durerà le fatiche della guerra meglio costui che quel vècchio scimunito di Claudio, comandato da servidori; di Burro e Seneca ci son moltissime sperienze; e all’Imperatore quanto manca all’esser uomo? avendo Gn. Pompeo di diciott’anni, e Ottaviano Cesare di diciannove, retto le guerre civili. Più fanno i principi con la reputazione e col consiglio, che con la mano e con l’armi. Mostrerebbe se egli si serve d’uomini dabbene o no; se di capitano valoroso senza invidia, o tirato su per ricchezza e favori.„

VII. Dicendosi queste cose, Nerone mandò una bella fanteria, fatta di vassalli vicini, a rinfrescare le legioni d’Oriente, e fece quelle accostare all’Armenia: e due antichi Re, Agrippa e Iocco, stare in ordine con eserciti per entrar nella campagna de’ Parti, e gittar ponti per l’Eufrate. L’Armenia ad Arìstobolo, la regione di Sofena a Soeme con le reali insegne commise; e venne a tempo, che Vardane si scoperse nimico a Vologese suo padre: