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LIBRO SECONDO 85

mani, cui nulla fortuna vincea: „Fracassata l'armata, perdute le armi, gremite le litora di cadaveri dei lor cavalli e uomini; con più virtù e fierezza che mai, quasi cresciuti di numero, ci sono entrati nel cuore.„

XXVI. Ridusse alle stanze i soldati, lieti d’aver con questa prospera fazione ristorato i dannaggi del mare; e Cesare sì liberale fu, che a ciascuno quantunque aver perduto disse, pagò. Era senza dubbio il nimico in volta, e pensava agli accordi: e fornivasi la vegnente state la guerra. Ma Tiberio per ogni lettera lo chiamava1 al trionfo apparecchiatogli: „Aver fatto, e arrischiate assai, battaglie grosse e felici, ricordassesi anco de’ danni senza colpa, ma atroci, patiti dal mare. Nove volte, che Augusto mandò in Germania lui, aver più fatto col consiglio che con la forza; così ricevuto a patti i Sicambri, i Suevi: legato il re Maraboduo con la pace. Potere i Romani ora, che hanno gastigato i Cherusci e gli altri ribelli, lasciarli accapigliarsi tra loro.„ Germanico chiedeva un anno per finire ogni cosa, e Tiberio affrontò con più forza la sua

  1. Per torgli la gloria della guerra vinta; per gelosia della troppa grandezza: così chiamato fu da Napoli il Gran Capitano; così molti altri.
    Agrippa in Dione 49, discorre che la fatica e gli errori debba il capitano attribuire a sè (perchè il principe non volle aver mai errato), e a lui tutta la felicità o prudenza; perchè gloriandosi della sua vera virtù il capitano, viene in sospetto di troppa grandezza, e di pensare al valersi delle forze che sono in sua mano. Anche gli è agevole; perchè i soldati fanno come i cavalli, che annitriscono a chi li governa, e tiran de’ calci al padrone.