Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LIBRO PRIMO | 63 |
alla boccheggiante libertade alcuno spirito; onde Gn. Pisone disse: „E quando il dirai, o Cesare: se il primo, io ti potrò seguitare; se il sezzo, io ti potrei, non volendo, dir contro„. Ravvedutosi della scappata, chinò le spalle ad assolvere il reo della querela, stando però a sindacato della pretura.
LXXV. Non gl’incresceva, oltre al senato, sedere ancora ne’ giudizj da un canto del tribunale, per non cavare il pretore della sedia sua. Questa presenza cagionò di buoni ordini contr’alle pratiche e favori de’ potenti; ma nel racconciare la giustizia, si guastava la libertà. Tra l’altre cose Aurelio Pio senatore, cui fu rovinata la casa per fare una via, e un acquidoccio, chiedendo a’Padri d’esser rifatto e contraddicendo i fiscali; Tiberio la li pagò, come vago di fare spese onorate: la quale virtù, e non altra, si mantenne. A Properzio Celere, stato de’ pretori, supplicante di lasciare il grado per povertà1, trovatolo meschino di patrimonio, donò venticinquemila fiorini d’oro2. Ad altri che tentarono il medesi-
- ↑ Per non avvilire il grado senatorio, chi non poteva tenerlo con l’usata magnificenza, era modestia lasciarlo. Dice questo Autore nel dodicesimo. Laudati dehinc oratione principis qui ob angustias familiares ordine senatorio sponte cederent; motisque qui remanendo, impudentiam pauperlati adiicerent. Asinio Gallo dice, per che ragione sia necessaria a’ maggior gradi maggiore magnificenza e spesa.
- ↑ Tanti sono dieci volte centomila, cioè un milione di sesterzi. Tanti ne donò Augusto a Ortalo, nipote d’Ortensio l’Oratore, acciò potesse tor moglie, e rifare quella chiara famiglia; e altri ventimila il senato a quattro suoi figliuoli; e 124 mila fu proposto darne al figliuol di Pisone e cacciarlo via. Tanto conto si teneva de’ nobili. Con si fatta liberalità s’aiu-