Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/62


LIBRO PRIMO 55

vuto l’imperadore con l’agurato, e sacri ordini antichissimi addosso, brancicar morti.

LXIII. Ritirandosi Arminio per istrane vie, Germanico gli tenne dietro: e quanto prima potè, spinse i cavalli a cacciarlo d’un piano, ove si era posto. Arminio fatto i suoi ristringere e accostare alle selve, voltò subito faccia: e dato il segno, l'agguato postovi saltò fuore. Ruppe questa nuova battaglia i cavalli; fanti si mandaro a soccorrerli, che traportati dai fuggenti crebbero lo spavento: ed erano pinti in un pantano ai vincitori usato, per li nostri doloroso, se Cesare non si presentava con le legioni. Ciò diede terrore al nemico e ardimento a’ nostri; e ritirossi ciascuno del pari. Poi ricondotto l’esercito all’Amisia, riportò per acqua, come vennero le legioni; e parte de’ cavalli lungo il lito dell’Oceano andò al Reno. Cecina, che coi suoi tornava per l'usata via, ebbe ordine di spacciare il cammino per Pontilunghi. Questo è un sentiero, che L. Domizio fabbricò sopra larghe paludi e memme, e fitte tenaci, o fiumicelli sfondanti, con dolci colline boscate intorno, le quali Arminio empiè di gente, corsa per tragetti innanzi a’ nostri, carichi d’arme e di bagaglie. Cecina per rifare i ponti rotti dal tempo, e discosto tenere il nemico, ivi pose il campo, parte a combattere e parte a lavorare.

LXIV. I Barbari per isforzar le guardie e passare a’ lavoranti, badaluccano, accerchiano, affrontano, con grido di lavoranti, e combattenti: è ogni cosa contro a’ Romani: fango profondo, terren tenero e sdrucciolante, corpi gravi di corazze, nè fra l’acque poteano i dardi lanciare; là dove i Cherusci avevan pratica di combatter ne’paludi, stature alte, aste