Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LIBRO PRIMO | 51 |
Segeste cavò con molti parenti e seguaci, e nobili donne, tra l’altre la moglie d’Arminio, figliuola di Segeste, partigiana non sua, ma del marito; non piangeva, benché vinta, non chiedea mercè; ma con le mani strette, al petto affisava il suo gravido corpo. Eran portate spoglie della rotta di Varo già date in preda a molti di quei medesimi che allora veniano prigioni. Venne lo stesso Segeste di gran presenza, e dalla buona sua colleganza fatto sicuro, disse:
LVIII. „Non è questo il primo giorno che io mostro al popolo romano ferma fede. Da che il divo Augusto mi fece cittadino, non ho voluto nè amico, nè nimico, se non utile a voi; non per odio della patria (perchè i traditori dispiaciono ancora a cui servono), ma per conoscer ciò utile a voi e noi; ei amava la pace più che la guerra. Perciò Arminio, che a me rubò la figliuola, a voi ruppe la lega, accusai a Varo vostro capitano. Trattenuto dalla sua lentezza, e poco sperando dalle leggi, il pregai che legasse Arminio, i congiurati e me; sallosi quella notte: fussemi ella stata ultima! Il seguito dappoi posso piangere più che difendere: ho messo le catene ad Arminio, e l’ho patite dalla sua fazione. Ora che tu me ne dai prima il potere, ripiglio l’antica fede e voglia di quiete, non per mio pro, ma per iscarico di tradigione: e perchè io sarò buono a rappaciarvi con la gente germana, ove ella voglia anzi pentirsi, che sprofondare. Del giovenile errore di mio figliuolo ti chieggio perdono: la mia figliuola è qui per forza, io lo confesso; ma vedi quel che più vaglia, o l’essere incinta1 d’Arminio, o nata
- ↑ Incientes, da cico cies, dicevano i Latini antichi donne