Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/55

48 DEGLI ANNALI

calde e vere: e quantunque fu largheggiato da Germanico, ancora in Pannonia mantenne.

LIII. Nel detto anno morì Giulia, confinata per sue disonestà da Augusto nell’isola Pandateria, poi a Reggio in su lo stretto del mare di Sicilia. Fu moglie di Tiberio, viventi Caio e Lucio Cesari, e lo sfatava come da meno; cagione la più intrinseca del ritirarsi a Rodi; com’ei fu imperadore, lei scacciata, svergognata, e morto Agrippa Postumo, disperatissima fece marcire di lungo stento; parendole nascondere1 nel lungo tenerla viva l’uccisione. Crudeltà usata per simil cagione a Sempronio Gracco di casa grande, ingegno destro, eloquenza dannosa, il quale con detta Giulia si giacea quando era moglie di Agrippa; e poichè di Tiberio fu, lo pertinace adultero l’aizzava a disubbidire, e imperversar col marito; e si tennero da lui dettate le lettere che ella scrisse ad Augusto suo padre, velenose contro a Tiberio. Sostenuto adunque da Cercina, isola del mar d’Affrica, quattordici anni, fu allora dagli ammazzatori trovato a una vedetta di mare, che fiere novelle aspettava. Ottenuto spazio di scrivere alla moglie Alliaria sue ultime volontà, porse la testa: non indegno nel costante morire del nome Sempronio, che nel vivere aveva macchiato. Scrive alcuno, che que’ soldati non venner da Roma, ma da L. Asprenate viceconsolo in Affrica per ordine di Tiberio,

  1. Così trattò ancora Asinio Gallo, mettendogli (sì come altri dicono) per forza tanto cibo, che non lo lasciasse morire. E pregato di trar d’affanno un altro, disse: Adagio! io non gli ho ancor perdonato: come colui che dava la vita per pena, e la morte per grazia.