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LIBRO PRIMO 47

paese, le spartì in quattro punte; cinquanta miglia di ritorno misero a ferro e fuoco; non si guardò a sesso, età, sagro o profano: e quel Tanfana, loro famosissimo tempio, fu disolato, de’ nostri niun ferito, avendoli tagliati come pecore sonnacchiosi, disarmati e sfilati. A tanta strage si levaro i Brutteri, Tubanti e Usipeti; e presero i boschi, onde l’esercito poteva tornarsene. Del che avvisato il capitano, marciò in battaglia; parte della cavalleria, con la fanteria d’aiuto innanzi; seguitava la legion prima: a sinistra con le bagaglie in mezzo la ventunesima; a destra la quinta e la ventesima alle spalle; il resto dei forestieri alla coda. I nimici fermi gli lasciarono imboscare; poi bezzicata la fronte e i fianchi, corsero con tutto lo sforzo alla coda, e con serrate frotte rompevano i fanti leggieri; quando Cesare spronò ai Ventesimani, e gridò: „Ora è il tempo di scancellar la sedizione; su via, convertite la colpa in gloria.„ Avventansi affocati al nimico, e quello incontanente rotto e spinto nell’aperto, ammazzano; la vanguardia subitamente uscì del bosco e affurzossi. Il cammino fu poi quieto: e i soldati affidati nei fatti ultimi, con dimenticanza de’ primi, furono rimessi alle stanze.

LII. Tali avvisi diedero a Tiberio allegrezza e pensiero. Rallegravasi della sedizione spenta; ma l’essersi Germanico, sbraciando danari e licenze, procacciato il favor de’ soldati, e la cotanta sua gloria di arme, lo trafiggevano: pure in senato contò le cose seguite, e molto disse della virtù di lui con parlare stimato più bello che di cuore. Lodò Druso, e la fine del movimento d’Illiria con meno parole, ma più