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LIBRO PRIMO 45

ora i negozj, poco i saggi, più il volgo, a dilungo le province ingannò.

XLVIII. Germanico era con l'esercito in punto per gastigare i ribelli; nondimeno per dar loro ancora spazio di rinsavire col fresco esempio, scrisse a Cecina: che veniva poderoso; se non avranno gastigato i ribaldi, girerà la spada a tondo. Cecina inostrò la lettera segretamente agli alfieri e a’ più netti, pregandoli a liberar ognun dall’infamia, e sè stessi dalla morte, che nella pace si dà a chi la merita, ma nella guerra muoiono buoni e rei. Costoro trovando ben volti i più, indettato chiunque parve più atto; di volontà del legato ordinano contro a’ più audaci felloni un Vespro Siciliano1; e datosi il segno, saltano ne’ padiglioni, e taglianli a pezzi senza sapere, se non gl’indettati, perchè.

XLIX. In quante civili arme fur mai, non si vide tal cosa; uscire non a battaglia, non di nimica oste, ma da’medesimi letti, Ove avevano insieme il di mangiato2, la notte dormito, recarsi in parte, tirarsi colpi. Quivi strida, ferite, sangue manifesto,

  1. Concedasi alla somiglianza del fatto d’anacronismo, come a’ pittori i santi di varj secoli insieme ragionare o la Vergine per adorare. Quel fatto è passato a noi in proverbio, e come proverbio è qui usato e non come storia. Mitridate fece a tutti i Romani un simil giuoco; ma non è a noi passato in proverbio. Oltre a ciò, ben posso io usare tale anacronismo, poiché anche T. Livio l’usò, facendo nel secondo libro lamentarsi uno tenuto per debito in certa dura sorte di prigione, chiamata ergastuli, usati al tempo di Livio, ma non di quel prigione. Vedi il Lipsio negli Eletti, lib. 2, cap. 15.
  2. Come i Romani nel letto mangiassero, e come stessero i loro triclini, vedi l’Agostini, messer Fulvio, il Lipsio e altri moderni.